Un articolo di qualche tempo in cui commentavo i dati del Censis su sharing economy, effetti disruptive e soggetti produttivi. E la prima citazione dei coworking in una statistica ufficiale. Pensando a qel che è successo nel frattempo….
E’ stata pubblicata dal Censis nel mese di Aprile 2014 la sintesi (63 pagine) di questa ricerca: “Una prospettiva di vigore per uscire dalla depressione. Una piattaforma di conoscenza delle nuove energie nell’economia e nella società italiana”. A cura del CENSIS in collaborazione con Eni.
L’indagine cerca di rispondere alla domanda: “ci sono soggetti, territori, processi, settori, contesti che oggi esprimono vigore, riescono a sprigionare un senso di forza emergente che […] connota una fase della vita di un paese, materializzandosi in processi socioeconomici che coinvolgono milioni di persone”, indagando quelle energie private “che non beneficiano di un complessivo disegno pubblico di valorizzazione” e che esprimono significativi risultati.
Così vengono individuati ed elencati i soggetti che secondo gli autori sperimentano: “modelli produttivi e di organizzazione del lavoro, con un utilizzo creativo delle nuove tecnologie e lo sviluppo di forme diverse di strutturazione della filiera produttiva e commerciale, con un mutamento copernicano nel rapporto con il mercato”.
Per quanto riguarda gli stili di vita e i modelli di consumo (che prendiamo solo parzialmente in considerazione) non vanno letti solo in un’ottica quantitativa. Le figure sociali e i settori individuati sono molti, li citerò velocemente tutti mentre mi soffermerò più a lungo sull’analisi riguardante i makers, gli innovatori e le start up perché attinenti al mio lavoro.
La ricerca mette a disposizione pochi dati quantitativi, ma quelli che ci sono sorprendono, come questa tabella sulle prime 20 Provincie italiane per vigore economico, soprattutto per i dati Toscani:
Iniziamo dalle donne che nella crisi hanno incrementato quantità e qualità della loro presenza nel mondo del lavoro in termini sostanziali.,Per approfondire vedi da pag. 19 a pag. 24 della ricerca
I migranti creatori di nuove imprese, con la moltiplicazione di imprese e di punti vendita sui territori (vedi pag. 25 e 26 della ricerca); i giovani vestono i panni dei pendolari globali che grazie alle esperienze fatte all’estero rivitalizzano i territori:
Per approfondire vedi da pag. 26 a pag. 35 della ricerca
Ci sono poi settori tradizionali che si rilanciano con processi di innovazione come risposta alla crisi: l’agricoltura che da tempo vive la multifunzionalità delle imprese, il rapporto con i territori e le comunità di riferimento, il riconquistato appeal sociale, in particolare tra i giovani. E tutto confluisce nella filiera agroalimentare che evolve in settore che valorizza saperi, sapori e peculiarità locali; l’artigianato, in cui maturano gli esiti dell’intreccio tra il fai-da-te e le nuove tecnologie, con queste ultime che espandono la capacità di fare della manualità competente che tradizionalmente era degli artigiani. Gli effetti di questi processi sono potenzialmente rilevanti sia per l’artigianato toccato molto duramente dalla crisi, che per la manifattura.
Nella ricerca si parla anche di quella nuova ruralità legata al territorio, alla qualità della vita, e alla produzione di servizi di prossimità di tipo comunitario, fino alla partecipazione delle imprese. Viene rilevata la centralità dell’enogastronomia, il rapporto con il cibo e il vino locali sempre più percepite come il perno delle diversità locali, riferimento per il senso di appartenenza per le comunità del nostro territorio. Per molti aspetti il territorio diventa il luogo (del meticciaggio), dove si consolidano multifuzionalità e multidimensionalità delle attività economiche, intreccio tra soggetti e processi diversi. C’è inoltre una generatività di terra e mare che conferisce vigore e nuova forza ai territori, rendendoli hub di filiere che dalla produzione arrivano sino al consumatore, generando poi un set di attività diversificate da quelle turistiche, alle artistiche, alle formative ecc. attraverso cui si instaura un circolo virtuoso di proliferazione di valore socioeconomico, qualità della vita e bellezza. tende a crearsi nei territori molto più della filiera economica, piuttosto filiere integrate asimmetriche.
E ovviamente si rileva come la capacità di valorizzare i prodotti tipici locali rappresenta un elemento decisivo per lo sviluppo dei territori in considerazione delle importanti ricadute economiche, sociali e turistiche che esso può produrre.
I Maker
Gli artigiani, artisti, designer, tecnologi, architetti, ingegneri, informatici sono solo alcune delle figure coinvolte dal processo che conduce al maker individuata come figura-crocevia e per il momento punto di approdo e di ripartenza di una molteplicità di esperienze “dalle potenzialità per ora non contabilizzabili”. Non necessariamente la creatività progettuale, l’elaborazione tecnologica e l’implementazione coincidono nella stessa persona; sono infatti tanti i designer che elaborano un’idea progettuale e poi vanno a caccia degli artigiani in grado di concretizzarla. L’arrivo della stampante 3D, poi, ha ulteriormente arricchito il quadro perché consente di produrre prototipi a partire da una progettazione virtuale, espandendo le potenzialità dell’artigiano e del progettista. La stampante 3D non è altro che un aspetto del digital manufacturing.
L’artigiano torna ad essere il depositario di un sapere che può rilanciarsi come fatto sociale e di mercato; la necessità della cooperazione tra creativi e artigiani, tra il sapere progettare e il sapere fare. Le nuove tecnologie, dai software al web, permettono di avere una platea di ampiezza mondiale per i produttori. Il crowdfunding è all’origine dell’avviamento di progetti di creativi o semplicemente di persone impegnate a creare distretti digitali tra artigiani, creativi e il mercato. 2,2 milioni di italiani dichiarano di avere contribuito con versamenti in denaro a sostenere la nascita di nuove iniziative imprenditoriali. I maker sono dentro una logica da economia sostenibile, da riscoperta del valore d’uso, della capacità di riutilizzare gli oggetti; sono anche dentro logiche di sharing, di condivisione, di cooperazione su tutta la filiera che va dalla progettazione alla produzione, e dentro logiche di innovazione diffusa, dal basso, ed è anche una forma sociale molto avanzata di ricreazione del legame intergenerazionalee di neocommunity di persone. Infine gli autori asseriscono in forma dubitativa: “Forse dei maker tra qualche anno non ci sarà più traccia superati dall’evoluzione sociale e tecnologica, tuttavia in questa fase sono una figura sociale e produttiva altamente significativa perché crossover di processi socioeconomici e culturali che disegnano il nostro futuro prossimo e concentrano nuove vigore”. Torna di nuovo l’idea del maker come figura crossover di una serie di soggetti, processi e prodotti che però non sono ancora quantificabili, dentro una transizione dell’organizzazione del lavoro difficile da valutare senza serie temporali comparabili.
Startup
La creazione incessante di nuove imprese da sempre connota il nostro paese che trasmigra nelle start up innovative, circa 2 mila, dato che riflette il clima che in molte realtà urbane e di distretto continua a connotare il nostro paese. Negli ultimi otto anni le nuove iscrizioni sono risultate sempre maggiori delle cessazioni e nel 2013, che pure è stato il meno brillante tra gli anni della serie sono nate 1.053 imprese al giorno a fronte di 1.018 che hanno chiuso i battenti.
Prevale sempre la piccola e media impresa, visto che il tessuto demografico imprenditoriale risulta composto ancora per il 61% da imprese unipersonali e per il 95,2% da strutture fino a 10 addetti. Risultano iscritte al registro della Camera di commercio circa 2 mila, quasi 4 nuove al giorno Se la Lombardia e l’Emilia Romagna sono le regioni guida, le città hub di start up innovative sono Milano, Roma, Torino, Napoli e Firenze. L’80% opera sul fronte Internet dalla creazione di App, sistemi di pagamento, ecommerce, sistemi di georeferenziazione etc., ma sono diffuse anche applicazioni nel campo della moda e della trasformazione dei prodotti alimentari, di biocombustibili, di green tecnologies.
L’età media degli imprenditori è di circa 32 anni, con un livello di istruzione molto elevato.
E’ la figura sociale dell’innovatore che è in grado di giocare la partita dell’intrapresa e che è stato il perno di processi di rigenerazione economica in tanti contesti e oggi gioca un ruolo a partire dall’ecosistema delle città. Le green technologies sono individuate come un’enorme spazio potenziale; infatti si stima che quasi un quarto delle imprese industriali e terziarie con almeno un dipendente abbia investito negli ultimi quattro anni in tecnologie e prodotti green. In particolare, Unioncamere stima che il 27% delle imprese industriali abbia effettuato investimenti in questo senso, così come il 26,7% delle imprese di costruzioni, il 21% delle imprese di servizi, fino a punte di quasi il 40% tra le public utilities.
In conclusione sarebbe importante capire oltre al tasso di nascita, quello di mortalità delle startup (in America si stima che oltre il 50% delle nuove muoia nel girto di 2/3 anni). In Italia non ci sono molti dati, in tal senso èinteressante questo articolo di Wired in qui si cerca di capire che fine hanno fatto le startup chiuse nel 2013. Ma al di là di questo, va evidenziato come in Italia sussistano limiti strutturali legati sia alla mancanza di un sistema adeguato di Business Angel, sia ai limiti infrastrutturali della banda larga.
Poi ci sono quelle che vengono definite dal Censis le nuove modalità di consumo, quelle della sharing economy (definizione abbastanza limitativa del fenomeno) che viaggiano su “numeri alti” (che però non vengono riportati), dallo scambio casa a quello di competenze, grazie al potere moltiplicativo del web; ed il recycling per prodotti, borse, bijou unici, originali e particolari attraverso il riutilizzo competente di materiali.
Il coworking in una statistica ufficiale!
Gli autori a questo punto guardano non solo al processo sociale e alle questioni antropologiche, ma anche alle caratteristiche ambientali e socioculturali del contesto che “richiede la presenza di luoghi, spazi che favoriscano la relazionalità e l’incontro multidisciplinare”, nonché reti fisiche e immateriali in grado di incentivare e dare supporto a chi vuole fare impresa. “Non è un caso che si è registrato nel tempo un fiorire di contesti, spazi in cui c’è un microclima favorevole all’attivazione di progetti imprenditoriali, perché c’è scambio di idee e competenze e/o perché c’è una rete di supporto che aiuta a fronteggiare la difficile fase dell’avviamento”.
Si dice che coesistano nei territori incubatori di impresa e luoghi e spazi di co-working in cui professionisti, lavoratori autonomi di vario tipo convivono generando così di fatto hub “potenzialmente funzionali” a promuovere la pratica delle start up.
L’effetto disruptive
Infine cerco di soffermarmi su un elemento strutturale e aggiungo di stringente attualità, a partire dai casi di #Airbnb e #Uber. Gli autori partendo dall’assunto che l’innovazione (tecnologica, di governance, nell’organizzazione dei fattori produttivi, nelle nuove connessioni tra imprese e consumatori) produce un mutamento moltiplicatorio degli effetti disruptive (non c’è una traduzione adeguata in italiano) rispetto all’attuale organizzazione produttiva, economica e sociale. il meticciaggio, definito dagli autori con la capacità di far convivere cose apparentemente diverse, lontane, magari pensate e praticate come distinte e distanti e poi improvvisamente diventate parte integrante dello stesso business e intrecciandosi hanno un effetto disruptive sulla vecchia organizzazione del lavoro e contemporaneamente creano nuovi mercati e nuovo valore. Ecco noi siamo esattamente qui!
Approfondire l’analisi di queste dinamiche è necessario alla possibilità di innovare e andare nella direzione giusta e finalmente le statistiche ufficiali cominciano ad indagare questi temi. Ma la cosa più incredibile è che nonostante l’assenza di politiche pubbliche adeguate di incentivo e integrazione, con il regime fiscale vigente e in assenza di investimenti, nonostante tutto, crescono esperienze e pratiche che hanno un’impatto sociale ed economico, una consistenza anche quantitativa, ecco immaginiamo che cosa potrebbero restituire al paese se fossero valorizzate? Un volto nuovo, provare per credere.
Se volete leggere la ricerca basta andare sul sito del Censis inserire mail e password e così avrete accesso gratuito a questa e a tutte le altre indagini. Buona lettura.