Non si finisce mai di imparare e nel caso del BMC il detto vale anche per chi, come me, ha iniziato a gestire questi workshop. Ciò è vero per più motivi; il primo è che la figura del facilitatore deve fare un passo indietro per farne fare due in avanti al gruppo, mettendosi in connessioni e al servizio del team. Il secondo è che si apprendono nozioni e conoscenze di diversi ambiti e discipline che “costringono” all’ascolto.
Chi è interessato a usare questo metodo iniziando una nuova avventura con la sua azienda, impresa no profit, start up o da semplice freelance, con l’intento di innovare il proprio modello di business o per renderlo economicamente sostenibile, prima di gettarsi in questa esperienza è bene che conosca e non faccia proprie, alcune (false) aspettative che ho riscontrato nei miei interlocutori lungo questo cammino.
1. Non è un corso
Non vi troverete seduti a un tavolo ad ascoltare di fronte a voi un docente al quale affidarvi per trovare la key word che vi permetterà di innovare il vostro business. Non sarete a lezione al corso nel quale il formatore vi dirà come dovete cambiare o inventarvi un nuovo modello. L’attività del facilitatore ha più a che vedere con l’arte socratica della maiuietica, per allevare la creatività e la ragione che alberga in ognuno di voi e che deve solo uscire.
Negli workshop si impara l’uno accanto all’altro, grazie allo sforzo, alla passione, all’impegno, lo studio e la collaborazione. Tra un incontro e l’altro dovrete fare piccole analisi di mercato e verifiche sul campo che poco hanno a che fare con una dinamica di ascolto passivo e molto hanno a che vedere con una modalità attiva di verifica delle proprie idee. Quando uscirete dall’workshop probabilmente vi comporterete diversamente rispetto a quando ci siete entrati, se questo non avverrà i casi son due: o siete davvero molto bravi, oppure il vostro facilitatore non era così in gamba!
2. Dovete darvi del tempo (mentale) per cambiare (prospettiva)
“Ciao sono Claudio e sarei interessato a frequentare l’workshop con il mio nuovo team, stiamo rivedendo il modo di lavorare della nostra impresa e avremmo un fine settimana da dedicare allo studio di nuove possibilità per la piattaforma che stiamo attivando”. Questo in sintesi il succo di una delle telefonate che mi sono arrivate e alle quali si può rispondere solo in un modo. “Ciao Claudio conosci già il metodo del Business Model Canvas? Sai perché ci vorrebbe un po’ più di tempo”.
Spesso si fanno workshop full immersion nel fine settimana. Una modalità che può essere utile per iniziare a familiarizzare col metodo o per chi ha già un team affiatato e un modello di business solido. Tutta via per creare un nuovo modello di business serve del tempo. Fare incontri a cadenza settimanale permette a chi partecipa di assimilare ciò su qui ha lavorato, mettendo in discussione le proprie percezioni soggettive, andando a confrontarsi con i bisogni reali dei propri clienti, l’importante è ciò che voi potete fare per loro con la proposta di valore che gli offrirete. Il tempo è anche quello che deve farsi strada nella vostra testa, quando finito l’incontro tornerete alla vostra vita e al lavoro quotidiano. Ecco quello è il momento in cui permettere alla vostra mente di seguire una logica e percorrerla fino in fondo. La modalità visuale che viene utilizzata con questo metodo è senz’altro facile e intuitiva e dovrete continuare ad aggiornare il vostro Business Model Canvas, che non smetterà di cambiare.
Il suggerimento è quello di iniziare l’workshop quando avete un po’ di tempo a disposizione per entrare in questa logica e prendere così la giusta rincorsa prima che ricominci l’attività quotidiana, magari quando siete tornati dalle vacanze oppure nei periodi di minor lavoro, i momenti migliori per investire sul proprio futuro.
Un piccolo esercizio per iniziare a cambiare punto di vista:
Devi tracciare non più di quattro segmenti di linea per coprire tutti i 9 punti, ma senza mai staccare la penna dal foglio.
3. Il Team è tutto
“Ciao sono Roberta, sono proprietaria del marchio XXXX e vorrei fare l’workshop per riorganizzare il mio business, verrei io da sola e poi spiegherò ai miei collaboratori cosa abbiamo fatto”.
Esser proprietari di qualcosa non significa averne il controllo completo ne tanto meno saperne sviluppare la mission a 360 gradi. In questo caso la risposta non può che essere: se sono collaboratori stabili è bene che facciate assieme l’workshop perché per cambiare mentalità e modello è necessario costruire un lavoro di squadra. I collaboratori devono avere spirito di iniziativa e autonomia, interfacciandosi con gli altri, avendo chiari gli obiettivi comuni. Il cambiamento non può esser trasmesso per interposta persona, si deve vivere il percorso e cambiare assieme, il team è tutto, da soli non si è niente. Questo vale anche per i freelance interessati a rivedere la propria attività individuale perché le collaborazioni e le partnership saranno degli asset strategici.
4. Il facilitatore non è un guru
Diffidate di chi ha risposte su tutto, come dicevamo si tratta di lavorare fianco a fianco, prendere in considerazione diverse opzioni, scegliere una direzione, svilupparla e verificarla, tenendo aperte le alternative possibili. Infine quando si lavora su progetti complessi la presenza del facilitatore non è sempre sufficiente, così si devono aggiungere altre risorse e competenze, per lavorare su processi e prodotti dell’attività/servizio/ business che state sviluppando, lato design thinking, con la figura di un progettista. Il facilitatore giusto se sarà necessario, non solo ve lo proporrà ma avrà già in mente chi può farlo!
Se volete sapere qualcosa in più su come lavoro, ecco il mio workshop